29 gennaio 2023

29 gennaio, Museo al Deportato, Al Museo con i Classici: Simone Maretti legge W o il ricordo d’infanzia di Georges Perec

Site specific | Incontri speciali con i luoghi

Museo Monumento al Deportato
Al Museo con i Classici

Calendario domeniche 9 ottobre | 6 novembre | 4 dicembre | 29 gennaio | 5 febbraio | 5 marzo | 2 aprile | 7 maggio | ore 17-19 Il programma verrà svelato di mese in mese su questa pagina Iscrizioni su info@fondazionefossoli.it Ingresso gratuito, posti limitati

Simone Maretti darà corpo alle parole di un classico della letteratura - italiana e straniera - alternando la narrazione della vicenda alla lettura integrale del testo. La rassegna Al Museo con i Classici si propone di ospitare all'interno del Museo storie - che hanno, appunto, già passato il vaglio della classicità - in qualche misura legate ai temi intorno ai quali il museo stesso è stato pensato e realizzato. Al contempo, il pubblico si troverà a fruire di storie che non hanno relazione - almeno all'apparenza - col museo e con la sua specifica connotazione. Niente di strano. La chiave di lettura è semplice: ogni storia che possa definirsi classica ha diritto di cittadinanza all'interno di un museo. Poiché storie e spazi museali condividono un medesimo obiettivo: offrire allo spettatore la possibilità concreta di ri-conoscersi, di ri-trovarsi. 


4° appuntamento 
domenica 29 gennaio | ore 17-19 | Museo Monumento al Deportato
Georges Perec 
W o il ricordo d’infanzia
Simone Maretti voce sola |
Forse, a volte, ricordare non è ciò che desideriamo veramente. Ne abbiamo prova nel momento in cui - impegnati a recuperare una serie di immagini (e di tutto ciò che a esse si connette) logicamente e sequenzialmente disposte - ci scontriamo con l’impossibilità, col vuoto, con la frustrazione. Solo frammenti scollegati, beffarde e inconcludenti epifanìe.
Quando poi a emergere - in modo lineare e tutto sommato esaustivo - è un sogno di bambino… Una fantasticheria nella quale, col senno di poi, non è difficile identificare e riconoscere i lineamenti di uno dei fenomeni più catastrofici che la storia possa annoverare… Allora sì, ci si rende conto che ricordare non può essere cura né sollievo. E, soprattutto, non è mai gratuito e indolore.
La memoria può essere solo ‘volontà di ricordare’. Nella consapevolezza che qualunque recupero del passato non può far altro che ferire, lacerare, distruggere certezze. Scrive Georges Perec nel secondo capitolo di W o il ricordo d’infanzia: «Non ho ricordi d’infanzia. […] Per lungo tempo quest’assenza di storia mi ha rassicurato: la sua scarna oggettività, la sua evidenza apparente, la sua innocenza mi proteggevano; ma da cosa mi proteggevano se non precisamente dalla mia storia, dalla mia storia vissuta, dalla mia storia reale, dalla mia storia personale che, è lecito supporre, non era né scarna, né oggettiva, né apparentemente evidente, né evidentemente innocente?»

3° appuntamento 
domenica 4 dicembre | ore 17-19 | Museo Monumento al Deportato
Thomas Mann Mario e il mago
Simone Maretti voce sola |
Thomas Mann, figura centrale della letteratura in lingua tedesca del Novecento, autore di capolavori assoluti quali ‘I Buddenbrook’ e ‘La montagna magica’, è stato anche prolifico di novelle e racconti. Uno tra i più celebri e profetici è ‘Mario e il mago’, scritto nel 1930, in piena crisi della Repubblica di Weimar e ad appena tre anni dalla nomina a Cancelliere di Adolf Hitler. Il testo narra infatti dello spettacolo a cui assiste la famiglia del narratore in una località di villeggiatura italiana: a tenere banco è un volgare e improvvisato illusionista, Mago Cipolla - personaggio che ben personifica il potere soggiogante sulle masse dell'Europa dell'epoca – che nonostante susciti un istintivo senso di repulsione, riesce tuttavia a catturare l’attenzione del pubblico, e a soggiogarne in quale modo la volontà attraverso una miscela di lamentazioni, scherno e autoritarismo.

2° appuntamento 
domenica 6 novembre | ore 17-19 | Museo Monumento al Deportato
Ray Bradbury Fahrenheit 451. Gli anni della Fenice
Simone Maretti voce sola | 
Forse è stato legittimo e comprensibile che per molti anni - dopo la pubblicazione, nel 1953 - "Fahrenheit 451. Gli anni della Fenice" venisse interpretato come una delle tante, immaginifiche visioni distopiche che la grande letteratura di ogni epoca e nazione ci ha a più riprese regalato. Un futuro vicino o lontano - ma chi sa, poi, che Ray Bradbury non stesse raccontando qualcosa che già allora andava sviluppandosi sotto i suoi occhi - nel quale il più efficace antidoto alla limitazione della libertà e all’omologazione degli individui sarebbero stati i libri e la loro capacità di alimentare il pensiero e il ‘sentire’ degli uomini. Quel che è certo è che la riduzione di questo romanzo a un’apologia del ruolo che libri e lettura possono avere nell’esistenza degli esseri umani non risulta più credibile (e forse già nel 1953 lo stesso autore intendeva altro). Ribadendo in tal modo la propria appartenenza di diritto alla categoria dei classici - che, per citare Calvino, ‘non hanno mai finito di dire quel che hanno da dire’… e, anzi, costringono ogni volta il lettore a mutare decisamente prospettiva e punto di vista! - la storia di Guy Montag svela come anche i libri, intesi quali inattaccabili e indiscutibili feticci, possano divenire strumento di asservimento. Ciò che salva - viene suggerito a un certo punto della narrazione - è quanto sta nei libri. Qualcosa che si può trovare, altrettanto efficacemente, nella musica, nell’arte in senso lato, in una relazione diretta e fascinosa con la natura, nei rapporti coi propri simili. Ed è così che le fiamme - quelle stesse di cui così spesso si dice nel corso del romanzo - finiscono a un certo punto per lambire e ridurre in cenere anche la prospettiva più unanimemente condivisa dalla quale, in quasi settant’anni, si è guardato a Fahrenheit 451. Gli anni della Fenice… Nulla di cui stupirsi. Son così, i classici.

1° appuntamento 
domenica 9 ottobre | ore 17-19 | Museo Monumento al Deportato
Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi-Contini 
Simone Maretti voce | Simone Di Benedetto violoncello elettrico
Ciò che rende unica - e profondamente toccante - l'esperienza di lettura de "Il giardino dei Finzi-Contini" di Giorgio Bassani è la scoperta che dietro a qualsivoglia periodo storico - anche il più travagliato, cruento e contraddittorio - si celano storie particolari, minute, quotidiane. Amori, pulsioni, disincanti, sogni a occhi aperti. Una miscela di stati d'animo ed emozioni...di cui, spesso, la storia dei popoli - quella sintetizzata nei manuali o nei saggi - non tiene conto. O di cui, addirittura, non è all'altezza.