25 aprile 2020

Il 25 aprile di Vera Vigevani Jarach, sopravvissuta alla Shoah e madre di Plaza de Mayo

Riportiamo un articolo del Corriere della Sera | 25 aprile 2020

Vera Vigevani Jarach: «Quel mio 25 aprile da esule in Argentina»


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Vera Vigevani Jarach scappò dall’Italia per sfuggire alla Shoah, poi perse l’unica figlia Franca, gettata da un volo della morte durante la dittatura di Videla. Da allora Vera è diventata una «militante della memoria», con lo sguardo sempre rivolto al futuro e ai giovani: dopo l’attuale epidemia, dice, bisognerà risollevare le società, liberandola da tante difficoltà e privazioni.


Ce la immaginiamo mentre scrive il testo qui sotto. A Buenos Aires, nella cameretta che fu di sua figlia Franca, gettata in mare a 18 anni da un volo della morte durante la dittatura di Videla. Sei anni fa Vera, una delle Madri di Plaza de Mayo, fece entrare il «Corriere» in quella cameretta. Così intima, ancora uguale a quando Franca l’aveva lasciata. Vera ci ha solo messo il suo computer e ancora oggi, da lì, lavora. È stata giornalista dell’Ansa per quarant’anni ma adesso, a 92, da quella stanza continua a portare avanti i suoi impegni per sempre: giustizia e memoria. Il «Corriere» volò da lei quando, appunto nel 2014, decise di mettersi in viaggio per ricostruire la sua duplice storia: la scomparsa e l’uccisione di Franca, ma anche la deportazione e la morte ad Auschwitz del nonno Ettore Felice Camerino, caricato sullo stesso carro bestiame, nel 1944, di Liliana Segre. Vera, che nel 1939 era scappata con la famiglia in Argentina, per sfuggire alla Shoah, viaggiò con il nostro giornale da Buenos Aires ad Auschwitz, passando per Roma, Milano, il carcere di Varese, la risiera di San Sabba: «militante della memoria», come lei stessa si definisce. Un percorso raccolto nella web serie (che si può vedere ancora qui) «Il rumore della memoria», da un’idea dell’allora direttore del «Corriere» Ferruccio de Bortoli, girata da Marco Bechis, coautore con Antonio Ferrari, Caterina Giargia e chi scrive. Otto puntate che divennero anche un film. Una tappa. Perché poi Vera non si è comunque mai fermata: in Italia è tornata a testimoniare ogni anno e anche adesso, che la pandemia impedisce gli spostamenti, vuole essere presente con noi, il suo Paese. Lo fa nella data in cui fu liberato dal nazifascismo, che tanto avrebbe segnato la vita di questa donna coraggiosa e straordinaria. E lo fa pensando sempre al domani: agli effetti del virus, in questo caso, con un appello a mettere in campo strategie contro la miseria e le diseguaglianze che si acuiranno, a prendersi cura della società. (alessia rastelli)


Ero adolescente, oggi ho 92 anni. Posso ricordare e riflettere sul significato che quel 25 aprile ebbe per tutti noi, antifascisti ed esuli in Argentina dopo le leggi razziali del ’38, la fine di quel bieco ventennio e, ovvio, con la Liberazione, la nascita in Italia della Repubblica democratica. Tutto questo, per noi ancora ragazzi, investiva i nostri sogni, idee ed impegni politici tesi alla costruzione di un mondo più giusto per tutti. Si militava nei licei o nelle università e qualcuno si beccó anche qualche giorno di arresto; tra i miei amici vi era anche Giorgio Jarach, giá allora mio fidanzato e poi compagno di tutta la vita.

In famiglia la guerra e la Shoah erano preoccupazione quotidiana: il dolore di sapere cosa stava accadendo con le deportazioni, la tristezza della lontananza da parenti ed amici. Si palpitava per la Resistenza e dopo l’allontanamento di Mussolini venne l’occupazione nazista dell’Italia e si seguiva, giorno per giorno, con ansia l’avanzare degli Alleati. Ho due ricordi di locali manifestazioni celebrative: quella della liberazione di Parigi e, per noi ebrei italiani, le riunioni festive un po’ dappertutto. I festeggiamenti non durarono a lungo, perché si venne a sapere del tragico destino di tanti famigliari. Per la mia famiglia fu la deportazione di mio nonno materno. Ma grande era l’angoscia di non sapere cosa stesse accadendo a Firenze, dove erano rimasti i miei zii e la nonna materna.

Lo sapemmo dopo... Si erano nascosti nella boscaglia, con tanti patimenti e la nonna era morta a Talla, in una casa di contadini. Fu sepolta lí, in un piccolo cimitero dove andai, nel mio primo viaggio in Italia. Qui a Buenos Aires durante la guerra c’era comunque, per fortuna, mio padre. Per lui antifascista, giá prima dell’armistizio badogliano vi era il desiderio di unirsi alla lotta: dare di nuovo, lui mutilato della prima guerra mondiale, il sangue all’Italia. Questo lo seppi solo qualche anno fa, con il ritrovamento negli archivi dell’associazione Unione e Benevolenza di una sua lettera indirizzata al presidente di Italia Libera. E scriveva puntando su un tema che era in lui ricorrente e che mi tramise quale valore essenziale: quello del rispetto della Dignitá dell’uomo.

Questi sono solo ricordi; ciò che più importa, ieri ed oggi, é associare alla celebrazione del 25 aprile, la riflessione su quanto ci dice la Storia e cioé la triste ripetizione di tante tragedie sofferte dall’umanità. Quello che ci dice il presente e lo sguardo che possiamo dare al futuro è che usiamo, torniamo ad usare sempre, delle parole militaresche: guerra, lotta, ma anche Resistenza alle dittature, ovviamente. Parliamo di sconfitte e vittorie. E oggi, dovunque nel mondo, le parole militari ritornano pure nell’affrontare la tragedia di questa pandemia, guerra contro un tremendo nemico virale... Osserviamo e riflettiamo sulle ripetizioni storiche che, in questo caso, ci fanno tornare a vecchie e mai dimenticate letture che ci hanno raccontato altre epidemie, con caratteristiche simili, ma vissute in tempi diversi. I Promessi sposi e il Decamerone, La peste di Camus. In Argentina una tremenda peste di febbre gialla. Tanti libri, perfino uno dello stesso autore di Robinson Crusoe... e nell’antichitá, un libro che non ho letto, ma è spesso citato, di Tucidide. Tante storie con simili passi: quello iniziale delle incertezze, poi la paura, gli isolamenti, il cercare le colpe altrui, i capri espiatori, eccetera... E poi, finalmente, si esce dagli incubi.

Ma oggi, 25 aprile, ricordiamo le vittorie contro il nazifascismo e celebrando quella Liberazione, non voglio tralasciare di ripetere ciò che sia in Italia che qui in Argentina, sottolineo sempre: nella storia che si ripete appaiono non solo tante violenze, tante guerre, tante persecuzioni, tanti razzismi, ma il ritorno delle ideologie fasciste, delle dittature... e rimane purtroppo la tremenda disuguaglianza fra ricchi e poveri, la fame di una parte enorme dell’umanità. Questo non dobbiamo dimenticarlo e stare molto attenti a quanto accade. Ce lo dice anche l’esperienza di questa pandemia... Tra il male e il bene la storia, e anche il presente, ci parla di indifferenze ma anche di solidarietà, di odio scatenato, ma anche di impegno disinteressato, di speranze e di energie volte al conseguimento di mete degne di noi esseri umani, mirando alla Salute e la Vita, senza dimenticare le necessarie strategie contro la miseria e, pensando al dopo epidemia, a risollevare la società, liberandola da tante difficoltà e privazioni, tante ingiustizie ma anche scommettendo su un futuro simile a quei nostri sogni adolescenziali e di sempre. Vicina a voi, come sempre, vi abbraccio da lontano con un Viva l’Italia. Vera

(Per gentile concessione della Associazione 24Marzo Onlus)