4 dicembre | Museo Monumento al Deportato, Al Museo con i Classici
Incontri speciali con i luoghi
Museo Monumento al Deportato
Al Museo con i Classici
► Calendario domeniche 9 ottobre | 6 novembre | 4 dicembre | 29 gennaio | 5 febbraio | 5 marzo | 2 aprile | 7 maggio | ore 17-19
► Il programma verrà svelato di mese in mese su questa pagina
► Iscrizioni su info@fondazionefossoli.it
► Ingresso gratuito, posti limitati
Simone Maretti darà corpo alle parole di un classico della letteratura - italiana e straniera - alternando la narrazione della vicenda alla lettura integrale del testo. La rassegna Al Museo con i Classici si propone di ospitare all'interno del Museo storie - che hanno, appunto, già passato il vaglio della classicità - in qualche misura legate ai temi intorno ai quali il museo stesso è stato pensato e realizzato. Al contempo, il pubblico si troverà a fruire di storie che non hanno relazione - almeno all'apparenza - col museo e con la sua specifica connotazione. Niente di strano. La chiave di lettura è semplice: ogni storia che possa definirsi classica ha diritto di cittadinanza all'interno di un museo. Poiché storie e spazi museali condividono un medesimo obiettivo: offrire allo spettatore la possibilità concreta di ri-conoscersi, di ri-trovarsi.
domenica 9 ottobre | ore 17-19 | Museo Monumento al Deportato
Giorgio Bassani | Il giardino dei Finzi-Contini
Simone Maretti voce | Simone Di Benedetto violoncello elettrico
Ciò che rende unica - e profondamente toccante - l'esperienza di lettura de "Il giardino dei Finzi-Contini" di Giorgio Bassani è la scoperta che dietro a qualsivoglia periodo storico - anche il più travagliato, cruento e contraddittorio - si celano storie particolari, minute, quotidiane. Amori, pulsioni, disincanti, sogni a occhi aperti. Una miscela di stati d'animo ed emozioni...di cui, spesso, la storia dei popoli - quella sintetizzata nei manuali o nei saggi - non tiene conto. O di cui, addirittura, non è all'altezza.
domenica 6 novembre | ore 17-19 | Museo Monumento al Deportato
Ray Bradbury | Fahrenheit 451. Gli anni della Fenice
Simone Maretti voce sola |
Forse è stato legittimo e comprensibile che per molti anni - dopo la pubblicazione, nel 1953 - "Fahrenheit 451. Gli anni della Fenice" venisse interpretato come una delle tante, immaginifiche visioni distopiche che la grande letteratura di ogni epoca e nazione ci ha a più riprese regalato. Un futuro vicino o lontano - ma chi sa, poi, che Ray Bradbury non stesse raccontando qualcosa che già allora andava sviluppandosi sotto i suoi occhi - nel quale il più efficace antidoto alla limitazione della libertà e all’omologazione degli individui sarebbero stati i libri e la loro capacità di alimentare il pensiero e il ‘sentire’ degli uomini. Quel che è certo è che la riduzione di questo romanzo a un’apologia del ruolo che libri e lettura possono avere nell’esistenza degli esseri umani non risulta più credibile (e forse già nel 1953 lo stesso autore intendeva altro). Ribadendo in tal modo la propria appartenenza di diritto alla categoria dei classici - che, per citare Calvino, ‘non hanno mai finito di dire quel che hanno da dire’… e, anzi, costringono ogni volta il lettore a mutare decisamente prospettiva e punto di vista! - la storia di Guy Montag svela come anche i libri, intesi quali inattaccabili e indiscutibili feticci, possano divenire strumento di asservimento. Ciò che salva - viene suggerito a un certo punto della narrazione - è quanto sta nei libri. Qualcosa che si può trovare, altrettanto efficacemente, nella musica, nell’arte in senso lato, in una relazione diretta e fascinosa con la natura, nei rapporti coi propri simili. Ed è così che le fiamme - quelle stesse di cui così spesso si dice nel corso del romanzo - finiscono a un certo punto per lambire e ridurre in cenere anche la prospettiva più unanimemente condivisa dalla quale, in quasi settant’anni, si è guardato a Fahrenheit 451. Gli anni della Fenice… Nulla di cui stupirsi. Son così, i classici.
domenica 4 dicembre | ore 17-19 | Museo Monumento al Deportato
Thomas Mann | Mario e il mago
Simone Maretti voce sola |
Thomas Mann, figura centrale della letteratura in lingua tedesca del Novecento, autore di capolavori assoluti quali ‘I Buddenbrook’ e ‘La montagna magica’, è stato anche prolifico di novelle e racconti. Uno tra i più celebri e profetici è ‘Mario e il mago’, scritto nel 1930, in piena crisi della Repubblica di Weimar e ad appena tre anni dalla nomina a Cancelliere di Adolf Hitler. Il testo narra infatti dello spettacolo a cui assiste la famiglia del narratore in una località di villeggiatura italiana: a tenere banco è un volgare e improvvisato illusionista, Mago Cipolla - personaggio che ben personifica il potere soggiogante sulle masse dell'Europa dell'epoca – che nonostante susciti un istintivo senso di repulsione, riesce tuttavia a catturare l’attenzione del pubblico, e a soggiogarne in quale modo la volontà attraverso una miscela di lamentazioni, scherno e autoritarismo.